La verdura è sparita dalla cucina piemontese?

News - author: stg - posted: 10-11-2016

È successo di nuovo. Tre volte in una settimana. Proprio in tre templi della cucina piemontese, custodi del patrimonio immateriale di Slow Food, che ha fatto proprio il motto «mangiare è un atto agricolo». Nei campi tra Langhe e Monferrato, tutelati dall’Unesco, in queste lande di vigne, boschi e orti, punteggiate da foglie che invaiano quando gli ultimi acini cadono, accanto ai solchi dove resiste l’ultima cicoria e fioriscono i primi cavolfiori, proprio là dove le mele selvatiche ricoprono la terra, la verdura è un ingrediente maledetto. Inspiegabilmente tutte le portate prevedono carne, che qui era un lusso raro ancora settant’anni fa, e che oggi innalziamo a unica paladina della tradizione, scordando che, un tempo, il piano di ghisa della stufa mandava lentamente a cottura solamente cavoli, rape, patate e cipolle.

Proprio perché in queste cucine si sfornano piatti antichi e meravigliosi, è sconfortante reperire i vegetali solo in un barattolo, nell’insalata estratta da una busta o in un pinzimonio di ortaggi che vengono la lontano. Non è una questione di salute, di scelte alimentari o di moda ma un fatto di sapore, che le verdure dell’orto esprimono in maniera ineguagliabile, con il valore aggiunto della prossimità. E, guarda caso, i più grandi ristoranti del mondo si sono attrezzati con un proprio campo per offrire, come una leccornia, quello che dovrebbe essere il minimo comun denominatore di ogni ristorante di campagna.
(Fonte: www.lastampa.it)